DISTOPIE REALI: SE LE NOSTRE VITE SONO CAMBIATE ALTRE COSE RIMANGONO PRESSAPPOCO IDENTICHE

in queste settimane la nostra quotidianità è senz’altro cambiata. con essa si intende la complessità e l’intreccio delle relazioni tra noi e gli spazi che attraversiamo o che avremmo desiderio di attraversare. precise categorie sociali sono state duramente colpite. ci vorrà del tempo per comprendere e rispondere alla portata politica di quello che sta accadendo con la carica repressiva che ne consegue. sarebbe una facile tentazione, quasi catartica in un momento di smarrimento pressochè generalizzato, fingere di avere risposte che non abbiamo, minimizzare o correre ai ripari. ma preferiamo invece riflettere sulle domande.

se da una parte non fatichiamo a leggere nelle narrazioni che ci circondano il ritorno ciclico del lessico stigmatizzante (dall’untore all’isterica) e del razzismo patinato in chiave scientifica, dall’altra in tutto questo dibattito troviamo dei grandi assenti: che ne è degli animali non umani?

non ci riferiamo agli animali entrati nella categoria “domestici”. parliamo di quelli definiti “da reddito”, ovvero merce a disposizone del consumo umano.

non solo il covid-19. sars. hendra virus. aviaria. ebolavirus. influenza suina. bse detta “sindrome della mucca pazza”. da qualche decennio a ondate quasi regolari nuovi focolai di epidemie appaiono da qualche parte nel pianeta; i pil nazionali e i carrelli della spesa tremano per qualche istante, poi tutto torna come prima, nella norma appunto. ma quale? cos’hanno in comune queste sigle che in alcuni casi sembrano sbeffeggiare senza troppi giri di parole l’animale che li ospita?

lo sfruttamento. milioni di animali sfruttati, ammassati nei mercati e negli allevamenti intensivi, macellati vivi e morti, all’aperto e al chiuso, condividono lo stesso destino. succede ogni giorno, perchè lo sfruttamento e l’uccisione degli animali non umani è uno dei capisaldi su cui il nostro sistema si appoggia, economicamente e culturalmente. una delle oppressioni più radicate, invisibilizzate e giustificate visto il tributo di sangue che quotidianamente reclama. a tal punto che questo “elefante nella stanza” non è nemmeno contemplato nel dibattito pubblico.

i virus cosiddetti zoonotici[1] possono convivere indisturbati per millenni con una o più specie “serbatoio”, cioè in grado di contenerli senza subire danni particolari. tuttavia negli ultimi 30 anni la frequenza di queste zoonosi è aumentata: può capitare che quando sconfinino nel corpo umano trovino un ambiente adatto a renderli potenzialmente mortali. tra le cause più evidenti c’è lo stravolgimento esercitato dall’uomo sugli ecosistemi, la crisi climatica, l’esposizione continua a corpi fatti a pezzi, scuoiati, torturati. allora è anche interessante notare la storia dell’epidemia: la nascita in cina, in una zona di grande sfruttamento agricolo e zootecnico, la propagazione con i rapporti di lavoro ed economici nei cuori pulsanti delle economie europee.

se le nostre vite sono cambiate altre cose rimangono pressappoco identiche.

radio maria: questo non è un castigo divino[2]. da froce mostruose nemmeno ci interessa schierarci nei facili binarismi natura vs. tecnologia, umani vs. animali: ci piacciono tutte le sponde. questo è capitalismo, e ci riguarda. ora più che mai urge ripensare al modo in cui ci relazioniamo tra noi e con le altre specie, alla cura del pianeta non vissuto come un capitale da lasciare in eredità ma come qualcosa da reinventare e che sia godibile davvero. per tutt*.

le gabbie (ci) uccidono.

ah!squeerto

1]zoonosi sono quelle malattie che partono da un animale e arrivano all’uomo. la loro storia comincia quando il virus ha occasione di propagarsi: per esempio un nuovo contatto ravvicinato tra due specie, una delle quali ha già il virus. l’evento del “salto di specie” viene chiamato spillover: il virus trabocca e infetta la nuova specie.

2]ai microfoni di radio maria, l’emittente cattolica con share altissimi a livello nazionale, l’epidemia viene prima accostata a quella di milano nel 1600 raccontata da manzoni, poi alla peste nera nell’alto medioevo e infine alla spagnola. secondo “padre livio” sarebbero segni inequivocabili per convertire l’umanità alla fede cattolica.


MOSTRUOSA SABBA TRANSFEMMINISTA QUEER ANTISPECISTA: PROGRAMMA

VENERDI’ 21

MATTINO DALLE ORE 10: BENVENUT*

PRANZO

ORE 15: LABORATORIO FLUIDA AUTOCOSTRUZIONE SEX TOYS

ORE 17: LABORATORIO AMBRITA SENSUAL TOUCH

CENA

ORE 22 IN POI: LETTURE ATTORNO AL FUOCO

SABATO 22

ORE 10 RESISTENZE E TERRITORI

VERSO IL FREEK PRIDE!

BATUCADA PARTE I

PRANZO

ORE 15 BATUCADA PARTE 2

ORE 17 LABORATORIO DI SCRITTURA CREATIVA CON LE PORCHE ASSASSINE

CENA

ORE 22 CABARET TRANSFEMMINISTA

DOMENICA

ORE 10 TECNOLOGIA… CON IPPOLITA E MARCO REGGIO

A SEGUIRE PROIEZIONE OTTO

(IN CONTEMPORANEA) LABORATORIO ECOSEX CON NITA

(IN CONTEMPORANEA) PROIEZIONE DISEQUITIAMOCI E CHIACCHIERATA CON EGON

PRANZO

ORE 15 PROIEZIONE HAMBACHERS

ORE 17 AUTOVISITA TRANSFEMMINISTA


Carmen y Lola, il punto di vista della comunità gitana femminista

 

A proposito di un film acclamato e premiato abbiamo tradotto il comunicato della comunità gitana femminista spagnola sul film stesso, punto di vista trascurato dalla regista.

https://www.gitanasfeministas.org/intervenciones/las-gitanas-nos-achantamos-la-mui/

N.B.: gadže (gadžo “uomo non-romaní”, gadži “donna )

La comunità gitana spagnola ha di che rallegrarsi. Dopo il successo di “My Great Gypsy Wedding”, “Gypsy Word” o “Gypsy Kings”, gitani e gitane abbiamo conquistato il grande schermo con una produzione gadži, una regia gadži, una sceneggiatura gadži, e un cast prevalentemente gadžo, sulla vita delle persone gitane. Come mai non mi é venuto in mente prima!
Si tratta di Carmen e Lola, il film d’esordio di Arantxa Echevarría, che debutta come regista di lungometraggi con questo film pittoresco nel più puro stile Mustang o La Fuente de las Mujeres. Perché ritrarre donne povere di culture “integraliste” (come lei afferma che siamo in una recente intervista) è di moda. Questa volta non ci sono personaggi gitani criminali o folcloristici o figli di famiglie rivali che si innamorano sfidando il loro destino e per questo provocano uno scontro a colpi di coltelli tra i clan.
In questa occasione, due giovani attrici anche loro debuttanti, interpretano due adolescenti lesbiche e gitane che subiscono il disprezzo della loro famiglia per aver tentato di portare avanti la loro storia d’amore. Una storia bella e tragica di un amore impossibile alla Romeo e Giulietta degna di essere portata a Cannes.�La sinossi: Carmen e Lola si incontrano un giorno al mercato – ovviamente, non avrebbero potuto incontrarsi all’università – e subito nasce una connessione tra loro. Entrambe vogliono scappare dal loro destino scritto, che fondamentalmente consiste, secondo la regista che non ha mai conosciuto gitani tranne uno, nello sposarsi e avere molti figli.
La regista e sceneggiatrice di questa versione 3.0 di Tarantos e Montoyas assicura che il desiderio di aiutare a rendere visibile la situazione delle donne gitane è ciò che l’ha spinta a fare questo film, perché “o è una gadži a raccontare la situazione di una donna gitana o non lo fa nessuno e sfortunatamente deve essere una gadži a farlo perché loro non hanno voce” (sic!). All’improvviso sono rimasta senza parole. Chiederò alle mie compagne María José Jiménez Cortiñas, Carmen Fernández, Ana Hernández, Aurora Fernández (a tutte le compagne di Gitanas Feministas por la Diversidad ); a Ana Giménez Adelantado a Silvia Agüero Fernández per vedere se hanno perso le loro meravigliose voci e ora stanno comunicando nella lingua dei segni (di segni calé, ovviamente).
É ironico che affermi questo, quando las Gitanas Feministas por la Diversidad si sono incontrate con lei e, dopo aver esaminato il progetto a lungo e per ore, le hanno consigliato con le loro belle e potenti voci che avrebbe dovuto apportare alcune modifiche per evitare di cadere nell’antigitanismo.
Altr artist e attivist gitan con una vasta esperienza nella lotta antirazzista come il produttore e sceneggiatore José Heredia (regista del documentario sulla situazione attuale delle comunità gitane “Amore e Rabbia”, tra gli altri) le hanno consigliato di eliminare alcuni stereotipi perché non comprovati e controproducenti, e quando la regista ha rifiutato, hanno abbandonato il progetto.
Il popolo gitano non si vende. Gitani e gitane, con sorpresa della nostra portavoce autoproclamata, abbiamo voci potenti e molto da raccontare, ma la regista ha accantonato il problema e silenziato le voci delle Gitanas Feministas por la Diversidad.
Aveva fra le mani la possibilità di trasmettere il messaggio della discriminazione multipla che soffriamo come donne gitane e in parte per la invisibilizzazione che il femminismo bianco esercita sul nostro attivismo, qualcosa che le femministe gitane proclamano da tempo. Ma l’ha ignorato. Capite ora perché crede che non abbiamo voce? Il suo è un tipo di sordità selettiva. Voleva fare un film morboso in modo che avesse un impatto. E ce l’ha fatta. È esordiente ed è già a Cannes.
Non smette di essere quanto meno sorprendente l’improvvisa preoccupazione della regista esordiente per le donne gitane. Non aveva mai mostrato prima alcun interesse per la nostra causa. Non è mai stato vista sostenere il popolo gitano né si è mai pronunciata sullo storico I Congresso del femminismo romanì organizzato da Gitanas Feministas por la Diversidad lo scorso novembre a Madrid, e neppure si è avvicinata alle persone gitane per conoscere le loro esperienze e sentimenti. Lei stessa confessa nell’intervista di aver avuto a malapena qualche contatto con persone gitane prima di questo film. È incredibile la rapidità con cui pensa di aver conosciuto il Popolo Gitano.
La nostra esperta di gitanologia aggiunge anche nell’intervista che “I giovani gitani di oggi regrediscono. Vanno di Dolce & Gabbana e per loro la cosa più importante è avere un buon cellulare e che la loro ragazza sia la più bella.
Non hanno nulla della profondità della cultura gitana”. Dovrò presentarle alcune centinaia di giovani gitani e gitane che sono all’università, che in aggiunta lavorano e che conoscono meglio il proprio Popolo di lei, con tutto che è un’esperta.
Giovani che devono lavorare il doppio dei loro amici gadžis per dimostrare che valgono e vincere l’ostracismo sociale a cui il razzismo li sottopone. Le presenterò anche tanti altri giovani gadžis che regrediscono, vanno di Dolce & Gabanna e per loro la cosa più importante è avere un buon telefono cellulare e che la loro ragazza sia la più carina. Sono io o c’è un soffio di razzismo in queste dichiarazioni della gitanologa?
E la regista continua: “Parliamo molto delle donne afghane e della Somalia e… dovremmo anche scendere in strada e aiutare il mondo dei gitani, dargli più opportunità”. Sembra grandioso, giusto? Questo discorso “salvazionista” verso le società del Terzo Mondo (ci gerarchizzano anche con questo concetto) quando la realtà è che non abbiamo bisogno che ci vengano date opportunità ma che smettano di togliercele. Esistono persone gitane attiviste molto valide che da tempo combattono contro il razzismo e il capitalismo patriarcale. E ora arrivano gadžis con la sindrome da salvatore bianco ad appropriarsi delle lotte e a gettare a terra tutto il lavoro dei collettivi.
La regista di Bilbao afferma di essere una persona impegnata e che il suo è un cinema sociale. Bugie. Se fosse vero, lei saprebbe che il razzismo come quello che esercita attraverso il saccheggio, l’appropriazione culturale e l’uso del privilegio razziale è ciò che impedisce alla gente gitana, afgana o somala di progredire e andare avanti. Che gli stereotipi che lei ricrea nel suo film perpetuano pregiudizi nelle persone gadžis e che ci marginalizzano. Che per rendere visibili le problematiche, dobbiamo prima ascoltare i veri protagonisti.
Che fare un lavoro sui gitani senza gitani è un esercizio di potere che mantiene la gerarchia sociale stabilita. Che le buone intenzioni sono cariche di interessi personali. Che le donne gitane siamo diverse, capaci, autonome e abbiamo voci meravigliose e potenti ma che gadžis come lei ce le strappano. Che la rappresentazione nei media influenza notevolmente l’immaginario collettivo e, pertanto, se viene rappresentato un gruppo vulnerabile e stigmatizzato, è necessario avere una formazione e una delicatezza speciali. Che molte persone nella loro vita non hanno mai scambiato una parola con una gitana (proprio come lei) e che tutto ciò che sanno di noi è ciò che vedono in televisione.
Che ci sono persone gitane di grande valore che possono servire come riferimenti alla nostra gioventù. Che il maschilismo e l’omofobia sono anche nella società dei gadžis ma che questo viene misurato con un altro metro, più morbido. Che il suo è un tipo di razzismo etnocentrico e suprematista. E conosce a malapena la cultura romanì, come emerge dalle sue dichiarazioni.

link al documento originale:
https://www.gitanasfeministas.org/intervenciones/las-gitanas-nos-achantamos-la-mui/


sei contro natura

prima o poi froci*, trans e queer se lo sentono dire.

la natura (con la n maiuscola), assunta come un tutt’uno certo, solido e immutabile, diventa pietra di paragone, punto di riferimento per condannare comportamenti, corpi, relazioni che se ne discosterebbero e definire rigidi protocolli di esistenza per tutt*.

la natura, tuttavia, non esiste in sé e per sé, è un’astrazione.

ciò che esiste è l’insieme degli esseri viventi e le loro relazioni di specie, interspecie e con la materia del pianeta.

 

recentemente a torino, negli spazi di movimento, si è parlato di questi temi. l’occasione è stata la presentazione a librincontro di una raccolta di saggi edita da nautilus: “critica al transumanesimo” (2019).

un’apologia della natura, madre benevola, giudicante, moralista, che si muove violentemente dal passato al presente, portando a ideale futuro una visione del mondo dove l’autodeterminazione è assente.

in questa sede sono state espresse posizioni transfobiche e antiabortiste, partendo appunto dalla critica al “transumanesimo”, un’élite minoritaria che ritiene sia possibile utilizzare la tecnologia per superare i confini della condizione umana.

 

non accettiamo che qualcunu venga a dirci che la nostra vita sia indegna di essere vissuta.

a chi ci toglie il microfono, toglieremo la sedia, la cattedra e il pavimento; riserveremo lo stesso trattamento a chiunque decida di ergersi a giuria di ciò che é giusto e di ciò che non lo è, soprattutto se il corpo non é il suo.

rifiutiamo che qualcunu possa definire i termini dell’esistenza giusta per il pianeta.

che la nostra esistenza infastidisca ce ne eravamo già accortu. non é un problema nostro

 

noi rifiutiamo l’idea che il nostro nemico sia la tecnologia con la t maiuscola, un’altra entità astratta, privata della sua complessità. pensiamo che esistano saperi, conoscenze e tecniche che salvano la vita, che la migliorano, che permettono di autodeterminare le nostre esistenze.

in quanto soggettività mostruose abbiamo imparato e impariamo ogni giorno sui nostri corpi a interrogare I dualismi e ogni forma di verità che si presenta come universale e assoluta dall’alto di una lettera maiuscola.

natura.

tecnologia.

stato.

chiesa.

 

quando si parla di tecnologia come di una pappa informe in cui non si distingue di volta in volta chi la crea, chi la controlla, chi opprime, chi ne beneficia, diventa impossibile prestare ascolto alla voce di chi necessita di tecnologie per autodeterminarsi e scegliere per sé e per il proprio corpo.

cosi come, d’altra parte, quella natura con la n maiuscola diventa strumento di dominio che si pretende di esercitare sui nostri corpi e sulle nostre vite.

 

noi transfemministe froci* e queer rivendichiamo la libertà di autodeterminarsi.

vogliamo avere il controllo della nostra vita riproduttiva, scegliere come e se scopare, che sfamiglie e relazioni creare, abbattere le dicotomie di sesso e genere e abilità imposte dal controllo sociale sui corpi che avvengono persino prima della nascita.

 

di volta in volta: “folli, isteriche, degenerate, pervertite, disforiche”.

ci riprendiamo quotidianamente spazi di libertà per sopravvivere in un mondo che ci inferiorizza, ci deride, ci violenta, ci malmena, ci opprime, ci uccide.

ma non ci si commuova: siamo mostre fiere, zombie e fenici.

ci scagliamo contro il dominio nelle sue molteplici forme: contro il capitalismo che consuma, svende, ricicla i nostri corpi e le nostre esistenze, controlla e dà luce a tecnologie che hanno il profitto come unico obiettivo.

sfidiamo l’eteropatriarcato che disegna confini di agibilità, divide i corpi, le relazioni, le pratiche che meritano di esistere da quelle contro natura.

 

e non smetteremo di scheccare e di puntare il dildo contro quella natura maiuscola che altro non è che norma eteropatriarcale assunta a natura.

 

 

 

 


QUALCOSA SULLA mostruosa SABBA ovvero: quello che vorresti sapere sulla Sabba T.Q.A. ma non hai ancora osato chiedere…  

 

 

 

QUALCOSA SULLA mostruosa SABBA

Ovvero: quello che vorresti sapere sulla Mostruosa Sabba Transfemminista Queer Antispecista ma non hai ancora osato chiedere

La mostruosa SABBA sta per iniziare ed è arrivato il momento di fare la conta dei tentaculi e delle code, per capire quantu saremo, scoprire cosa ci siamo dimenticatu, preparare il campeggio e fare la spesa.

Questa tre giorni l’abbiamo sognata, immaginata e riscritta infinite volte nelle nostre teste, abbiamo ululato forte per richiamare mostr*, favolosità varie e alleatu che volessero intrecciare le code con noi condividere saperi, mettere insieme chiacchiere e laboratori con il fine ultimo di creare una rete di condivisioni Transfemministe Queer Antispeciste.

La prima scelta è stato il luogo dove far incontrare i nostri corpi, la Valsusa ed il presidio di Venaus che ci ospiterà sono territorio storico di resistenze e contaminazioni di idee: da qui siamo partitu per coltivare questo germoglio di rete. Il campeggio può ospitare oltre 100 persone, ha una cucina ed è provvisto di servizi igenici.

Abbiamo deciso di invitare FORNELLI IN LOTTA, che da anni accompagna e sfama le lotte de lu compagn*, perchè crediamo che sedersi insieme a tavola sia un atto politico di resistenza. Stanno creando con noi un menù vegano che possa incontrare le esigenze di tutt*.

e poi, e poi e poi…
LABORATORI di autocostruzione sex-toys di materiale riciclato, costruzione di tamburi e ritmi di resistenza, scritture creative e performative, autoformazione per scoprire le ricchezze e le unicità dei nostri corpi e del territorio che ci circondano.
CHIACCHIERE su le Resistenze, pratiche di campagna e di città, Tecnologia e Antispecismo. Distro!Distro!Distro! porta l’hardisk, le zine e materiali da condividere e ancora
PROIEZIONI, CABARET TRANSFEMMINISTA e LETTURE attorno al fuoco… La Mostruosa SABBA è totalmente autofinanziata e autogestita, il campeggio è gratuito, c’è un contributo per i pasti cucinati da Fornelli in Lotta.

PRIMA CHE PUOI (ENTRO IL PRIMO QUARTO DI LUNA, 10 GIUGNO 2019) compila il form qui sotto (COMEQUANDO VIENI E CON QUALI ESIGENZE E MOSTRUT’ACCOMPAGNI):

FORM ISCRIZIONE SABBA [IT]

FORMULAIRE INSCRIPTION SABBA [FR]

SABBA INSCRIPTION FORM [EN]

Se hai altre necessità specificaleo se ti sembra che ci stia sfuggendo qualcosa SCRIVICI: ahsqueerto@distruzione.org


La Monstrueuse Sabbat TQA Venaus (Valsusa), 21/22/23 juin 2019

La Monstrueuse Sabbat Transfeministe Queer Antispeciste arrive !

À Venaus, lieu historique de la lutte NoTav, en occasion du solstice d’été, aura lieu la première edition de La Monstrueuse Sabba Transfeministe Queer Antispeciste, desirée, imaginée, et organisée par Ah! sQueerTo, l’Assemblée Queer Torino.
Trois jour de partage de savoirs, seminaires, laboratoires, projections, debats, musique, art, spectacles, lectures, confrontations sur les desirs et sexualités, revolte de genres, postporno, anti validisme, convergence des luttes, resistance animale et liberation totale, subversion de l’heterosexualité et bien plus encore. L’initiative est entièrement autofinancée et sera realisée par les participant*s dans un esprit d’autogestion.
Ce rendez-vous se deroulera en un lieu où l’antifascisme signifie participation active aux luttes, desirs, et relations antiautoritaires. Nous mettons tout en oeuvre pour rendre ces moments réelements accessibleS a tou*s.
Y a-t’ils des exigences auxquelles on aurait pas pensé? Y a-t’il des competences que tu voudrais partager? Veux tu proposer une ACTIVITÉ, PRESENTATION, LABORATOIRE?
Si tu veux participer à la reussite de la Sabbat tu peux proposer ta contribution en écrivant dès maintenant à : mostruosa.sabba.tqa@bruttocarattere.org
La Monstrueuse Sabbat Transfeministe Queer Antispeciste est pensée comme un évenement ouvert et participatif. Nous sommes  en train d’imaginer des outils pour faciliter l’organisation, la coordination, les deplacements. Il est possible que dans les prochaines semaines une liste de courriel dediée soit créée.

OÙ DORMIR
Vous pourrez trouver où dormir gratuitement dans le campement amenagé de Venaus (emmenez votre tente et sac de couchage ou faites nous savoir vos besoins spécifiques). Dans les prochains jours on diffusera aussi une liste de B&B solidaires dans la vallée de Suse. Pour les repas vous pourrez profiter de la cuisine vegane de Fornelli In Lotta (Fournaux En Lutte) a prix populaires.

COMMENT ARRIVER DEPUIS TURIN
Train: depuis la station Porta Nuova en direction de Susa
Voiture: depuis Corso Regina Margherita A55/E70 direction Frejus – Bardonecchia prendre A32/E70 direction SS25 Moncenisio/Susa uscita 6: Susa Est prendre SS25 Moncenisio direction Susa poursuivre en direction de Venaus.
De la France, on peut arriver a Modane ou Briançon et après arriver a Venaus/Susa avec un bus.

CONTACTS
Pour toute proposition, demande, renseignement où necessité d’hébergement, écrivez à: mostruosa.sabba.tqa@bruttocarattere.org
Si tu est sur facebook tu peux nous trouver ici.
La Sabbat est entierement autofinancée. On est en train de construire une serie d’evenements pour la financer, et si cela ne devais pas suffire, on vous comuniquera comment nous aider financierement.

POUR LE MOMENT: ALLUME TES ANTENNES, TES CAPACITÉS TELEPATIQUES ET COMUNICATIVES: PARTAGE ET DIFFUSE L’APPEL DE LA SABBAT TRANSFEMINISTE QUEER ANTISPECISTE A TOUTES LES CREATURES MONSTRUEUSES QUE TU CONNAIS!

The Transfeminist Queer Antispecist Monstrous Sabbath, Venaus (Valsusa, Turin), 21/22/23 June 2019

The Transfeminist Queer Antispeciesist Monstrous Sabbath is coming!
In Venaus, historical site for the Notav struggle, during the summer solstice, the first edition of the Transfeminist Queer Antispecist Monstrous Sabbath will take place: desired, imagined and organized by Ah!sQueerTo, Turin Queer Assembly.
Three days of sharing knowledges, seminars, workshops, shows, debates, music, art, performances, readings, discussions about desire and sexuality, genderS riot, postporn, disability, convergence of struggles, animal resistance and total liberation, subversion of the heterosexuality and much more. The initiative is totally self-financed and will be carried out by the participants in the name of self-management.
This event will take place in a location where antifascism is intended as active participation in anti-authoritarian struggles, desires and relationships. We are putting ourselves on the line to make this moment actually accessible by everyone.
If there are needs which we have not thought about or expertises you would like to share, if you would like to suggest an activity, a presentation or a workshop you can contribute by writing within the 10th May to: mostruosa.sabba.tqa@bruttocarattere.org
The Transfeminist Queer Antispeciesist Monstrous Sabbath has been imagined as an open and participatory event. We are thinking about facilities for its organisation, coordination and transfers. During the following weeks a mailing list will probably be activated to this purpose.
WHERE TO SLEEP
You can stay at the Venaus camping for free (please bring your own tent and sleeping bag, otherwise let us know about other necessities). In the coming days we will make a list of supportive B&Bs of the Valley. As regards food, you could enjoy cheap vegan meals prepared by Fornelli in Lotta.
HOW TO GET THERE FROM TURIN
By train: From “Porta Nuova train station” direction “Susa”
By car: From Corso Regina Margherita A55/E70 towards “Frejus – Bardonecchia”. Take “A32/E70” to “SS25 Moncenisio/Susa” exit 6: Susa Est. Finally take “SS25 Moncenisio” to “Susa” and go on towards “Venaus”.
CONTACTS
For any suggestion, request for information or need for hospitality please write to: mostruosa.sabba.tqa@bruttocarattere.org
If you have a Facebook account you can find us here:
Our sabbath is totally self-financed. We are planning to hold several benefit events, but if it will not be enough we will tell you how you to contribute.
FOR THE MOMENT:
PRICK UP YOUR EARS AND ACTIVATE YOUR TELEPATHIC AND COMMUNICATIVE SKILLS: SHARE AND SPREAD THE CALL OF THE TRANSFEMINIST QUEER ANTISPECIESIST SABBATH TO ALL THE MONSTROUS CREATURES YOU KNOW!
WE ARE LOOKING FORWARD TO MEETING YOU!

FROCIE MOSTRUOSE verso la sabba transfemminista queer antispecista, Venaus 21/22/23 giugno.

Per sopravvivere sotto lo sguardo repressivo della norma, il mostro deve nascondersi dentro l’armadio o sotto il letto, occultare il suo corpo osceno e desiderante. Ma quando le mostre uniscono le code e i tentacoli, aprono i culi e le cicatrici, la mostruosità diventa arma terribile, pulsante, rivoluzionaria. Lu primu mostr* stanno strisciando, saltellando, rotolando, facendo autostop in direzione Venaus, mostruosa sabba. E tu?

Mandaci la tua mostr* e scrivici se hai bisogno di chiarimenti, se hai esigenze speciali da comunicarci o proposte da condividere.
mostruosa.sabba.tqa@bruttocarattere.org


Mimosa

Oggi è uno dei 364 anonimi giorni dell’invisibilità trans. Ne scalfiamo l’opacità pubblicando questa poesia di Minnie Bruce Pratt, compagna di Leslie Feinberg, guerrier* transgender. L’originale in inglese si trova qui. Traduzione a cura di Feminoska e Nohutlar. Godetene.

Intravedo uno sbaffo rosa dell’alba filtrare dalla finestra della tenda mentre ti inginocchi tra le mie gambe e fai scivolare il tuo cazzo dentro di me. Per un attimo sento freddo dentro e fuori, una brezza fresca sulle mie braccia, un dildo di silicone leggermente freddo che scivola attraverso le labbra, la vulva, i muscoli vaginali e la pelle. Spingi in profondità, appoggiandoti completamente su di me, circondandomi e penetrandomi con amore. Comincio a piangere, a sentirmi così piena di te, senza la rabbia e la paura che una volta mi possedeva in questo momento. Sei venuto dentro di me perché ti ho chiesto di farlo; cominci a dondolarti dentro di me.

Gli uccelli cinguettano, un tordo gorgheggia doppiette e terzine cantando sopra di noi. Il sole comincia a riscaldare l’aria della nostra tenda a cupola, il sudore scorre dal tuo petto sul mio seno. Accresci il mio desiderio con ogni colpo, e dopo un lungo viaggio estatico, dopo un tempo che più tardi mi dirai essere stata forse un’ora, arrivo all’orgasmo dalla tua pienezza, dal tuo strofinarti sulla mia clitoride. Di nuovo comincio a piangere, in modo straziante, mentre tu riposi su di me.

In dieci anni di matrimonio con un uomo, non ho mai raggiunto questo livello di piacere quando era dentro di me. Mi manipolava sempre in maniera elaborata, contorsioni di dita, pene, sempre la paura di una possibile gravidanza, sempre la sua paura di me. Ma tu sei eccitato dal mio desiderio, sei vicino all’orgasmo anche tu. I canti degli uccelli sono ora sussurri. Un’improvvisa pioggerella scuote la tenda sotto il sole, mentre giaccio al sicuro tra le tue braccia.

Sei una donna che è stata accusata di tradire la femminilità. Nei miei gemiti di piacere provocati dal tuo cazzo, forse qualcuno dirà che ho tradito la femminilità con te, che siamo traditrici del nostro sesso. Tu nel tuo rifiuto di lasciare che i gesti di quella che viene chiamata mascolinità siano appannaggio degli uomini. Io rifiutandomi di lasciare le estasi della resa a donne che possono chiamarlo soltanto servilismo. Traditrici del nostro sesso, o spie ed esploratori oltre i confini di ciò che è uomo, ciò che è donna? Il mio corpo si spalanca avidamente a ciò che non hai paura di darmi.

Ci vestiamo e usciamo dalla tenda. Camminando per la rossa strada sterrata fangosa di pioggia, nella luce del mattino, ci fermiamo ad accarezzare le mimose pudiche, a scorrere le dita lungo le minuscole foglie a forma di felce per vederle piegarsi all’istante, uno spasmo di movimento sotto il nostro tocco.

Minnie Bruce Pratt


L’invisibile ovunque. Spettri del genere nel #TDoV

Oggi è il giorno della visibilità trans. Ma noi esistiamo anche gli altri 364 giorni dell’anno. Ad accendere i rilevatori di ectoplasmi è possibile registrare la nostra presenza per le strade, nelle aule, nelle corsie d’ospedale, sui posti di lavoro (quando ne abbiamo uno). Camminiamo in mezzo agli esseri umani cisgender come provenienti da un’altra dimensione, come se i nostri corpi non avessero la stessa sostanza degli altri.

Le nostre esistenze destano imbarazzo, siamo le incomprensibili presenze che infestano l’antico e rispettabile appartamento della binarietà etero/omonormata. Ci tocca strappare ogni giorno la nostra autodeterminazione dalle mani di chi si è assegnato il compito di diagnosticarci disforic*, dall’arbitrio di chi ci prescrive e produce i farmaci di cui abbiamo bisogno, da chi valuta se il nostro percorso è meritevole di essere premiato con quei documenti che finalmente ci rendono leggibili/visibili dal sistema binario in cui ci muoviamo.

Da domani forse torneremo invisibili. Ma non si fermerà la nostra lotta: faremo sentire le nostra urla, scuoteremo le nostre catene, irrideremo l’idea di un genere naturale con le nostre risate spettrali.

La famiglia naturale e il genere naturale non esistono. Noi sì.