emergenza farmaco Progynova: raccolta segnalazioni

dall’inizio di giugno la bayer ha sospeso la produzione di progynova, un farmaco utilizzato per la terapia ormonale sostitutiva da molte persone trans (donne trans e persone non binarie che fanno terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni), oltre che per la procreazione medicalmente assistita e per il trattamento dell’iperirsutismo e delle problematiche legate alla menopausa.

pare che questa sospensione durerà fino ai primi mesi del 2022. siccome la terapia ormonale sostitutiva deve essere continuata costantemente, senza interruzioni improvvise e preferibilmente utilizzando sempre lo stesso principio attivo, ci si sta mobilitando per organizzare gruppi d’acquisto in tutta italia per farmaci galenici che utilizzino lo stesso principio attivo.

in questo post raccoglieremo tutte le informazioni utili che ci arrivano.

AGGIORNAMENTO 12/07: abbiamo ricevuto due segnalazioni di nuova disponibilità del progynova nelle farmacie. continuate per favore a segnalarci se è accessibile nelle vostre farmacie di fiducia o se continuate a non trovarlo!

nelle seguenti farmacie è disponibile il farmaco galenico. è necessaria la ricetta specifica per preparato galenico di estradiolo valerato 2 mg con l’indicazione del numero di capsule:

* farmacia santa zita (via cibrario 33bis, torino – n. 0114371816, mail: farmaciasantazita@gmail.com);

* farmacia ordine mauriziano (piazza della repubblica 6b, torino – n. 0114361116);

* farmacia degli stemmi (via po 31b, torino – 0118173027), possono farlo ma devono ordinare la materia prima quindi va prenotato con anticipo.

se vuoi segnalarci difficoltà o hai informazioni utili su dove reperirlo contattaci qui o scrivici una mail a ahsqueerto@distruzione.org

per maggiori informazioni, anche su altre zone d’italia, visita la pagina FB di zona transito libero o iscriviti al loro canale telegram: t.me/zonatransitolibero


pugni in faccia a una fratella: la rabbia dilaga

sabato 29 maggio una nostra compagna è stata vigliaccamente aggredito nel centro storico di una città italiana. un gruppetto di ragazzi ̶ braccio armato del ciseteropatriarcato ̶ probabilmente accecati dalla sua favolosità, l’hanno aggredita in gruppo, fuggendo poi all’arrivo dellə compagnə accorsə. specifichiamo che questa non è stata né la prima né l’unica aggressione subita dal loro arrivo: lo stesso giorno a pranzo, sotto i numerosi occhi di chi passeggiava/sostava, gli era stato chiesto di “non baciarsi in pubblico” in un ristorante perché “spaventate i bambini”.

sappiamo bene che le nostre esistenze e le nostre corpe, per il solo fatto di esistere nello spazio pubblico e non dentro le quattro mura dove ci concedete di “fare le nostre cose”, vi terrorizzano. sappiamo che la vostra norma è così fragile che basta un tacco a trafiggerla. non riuscirete a toglierci dallo sguardo dellu vostr figl (non sappiamo se sperare per loro che siano cis etero, visti i genitori che si ritrovano, o sperare che siano frocie, per disonorare il padre e la madre), siamo tantә e i vostri disgustosi pugni non ci toglieranno certo dalla strada. siamo rabbiosə, ci facciamo forza partendo dalle nostre vulnerabilità, vogliamo dire a tutti i machi: non siamo solә, state all’erta!

stiamo leggendo di millantata solidarietà da parte degli stessi esponenti politici che sgomberano e danno fogli di via allә compagnә, che condannano a parole i femminicidi salvo poi smantellare le case delle donne e far entrare i cattofascisti nelle consultorie. non ce ne stupiamo: ce ne battiamo il culo della sordida e disgustosa gara dei politicanti a quale sia la città più ghei-friendly d’italia. da nord a sud l’omolesbobitransfobia è sistemica e strutturale, il genitore italiano modello cresce quei figli sani del patriarcato che popolano le famigerate “baby gang” da telegiornale.

giornalari e pennivendoli d’ogni sorta e schieramento parlamentare si stanno consumando le mani a scrivere l’ennesimo articolo acchiappa-click, romanticizzando la vomitevole vicenda: non ci sono coppie gay vittime, ci sono fiere froce s-coppiate e incazzate. ci dispiace per il vostro immaginario così triste e limitato: ci teniamo per mano se ci va, scavalcando la norma monogama della coppia in luna di miele. vivere relazioni altre per noi significa agire la nostra fantasia reinventando e risignificando una socialità che troviamo stretta e soffocante. ci dispiace per voi, ma ci segniamo comunque i vostri nomi.

scriviamo “una città italiana” senza specificare quale perché questa violenza la subiamo ogni giorno a ogni latitudine, da nord a sud, dal paesino alla metropoli. se per esprimere la vostra solidarietà vi sentite in dovere di precisare che “però si è trattato di un incidente perché la mia città è aperta e accogliente”, questa solidarietà potete anche tenervela. viviamo il paradosso che siano altrә a darci il permesso di dire cosa sia omolesbobitransfobia e cosa non lo sia ̶ “la mia città è stata insignita dal titolo di città arcobaleno, lo vedi che non è una città omofoba?”.

è evidente che titoli, patrocini e orpelli arcobaleno, concessi dalle organizzazioni lgbt istituzionali internazionali per rendere le vostre boutique appetibili anche alle checche che tutti i giorni umiliate non bastano a scaraventare fuori dall’universo l’odio patriarcale del quale la vostra quotidianità è intrisa. è per questo fondamentale lottare ogni giorno contro il rainbow washing che glassa d’arcobaleno la merda con cui tentate d’ingozzarci.

ci teniamo a dirvi che il vostro goffo tentativo di sfigurare la nostra fratella è prevedibilmente fallito, ci lecchiamo con gusto tentacoli e cicatrici. vogliamo sentirci liberə di uscire come ci pare quanto ci pare dove ci pare con chi ci pare. non ci sentiamo vittime inermi ma grimaldelle della vendetta translellabifrocia.

nel cuore e nel culo batte amore e rabbia,
fratella cuntessa non sei sola.

ahsqueerto


lottomarzo sciopero transfemminista dei generi e dai generi

“il bambino è un artefatto biopolitico che permette di normalizzare l’adulto. la polizia del genere controlla le culle per trasformare tutti i corpi in bambini eterosessuali. o sei eterosessuale o quello che ti aspetta è la morte. la norma fa il girotondo attorno ai bambini appena nati, reclama caratteristiche femminili e maschili, diverse per la bambina e il bambino. modella corpo e i gesti fino a disegnare organi sessuali complementari”

paul b. preciado, un appartamento su urano

“e poi ci vuole la dolcezza
sarò fatta male, sarò pazza
ti voglio bene con un cuore di ragazza
che ogni volta mi si spezza in tre
stasera pensa per te, pensa per te!
che a me ci penso da me
anche perché ognuno pensa per sé”
marcella bella, pensa per te

(foto dalla pagina di NUDM Torino)

caro patriarca, succhiatelo da solo. i nostri orifizi sono oggi in sciopero. non puliremo più il tuo senso di inadeguatezza, il vuoto è tuo, quindi riempitelo! noi lə de*generi siamo in sciopero, definisciti senza di noi. ne abbiamo il culo pieno di assumere la negatività del nostro tempo, una negatività che ci forzate a rappresentare.

siamo lə dissidenti del sistema sesso-genere! siamo le molteplicità racchiuse in un regime politico binario. ma non siamo venutə qui a raccontarvi chi siamo, scopritelo da solə cosa vuol dire essere delle favolose singolarità, prendetevi tempo, calma e lubrificante e vedrete che non è difficile! non vogliamo più foraggiare con le nostre vite le vostre strategie commerciali, noi-non-siamo-merce!

noi che in ogni parola e gesto viviamo la violenza prodotta dall’epistemologia binaria: giusto-sbagliato, dritto-rovescio, bianco-non bianco, uomo-donna, animale-essere umano, eterosessuale-omosessuale. vivə o mortə. prima divisə in due, poi costrettə a vestire, indossare, forzatə a scegliere “una” delle nostre parti ed uccidere l’altra, il monito sociale che viene dunque imposto fin dalla più tenera età: stai attentə, puoi scegliere un genere solo! basta agli etero-sbirri! controllori intransigenti di dogane, noi siamo liberə di transitare confini e generi!

ma poi credete di essere eterosessuali? o omosessuali? e quanto ci tenete a questa distinzione? siete sicurə di basare su questo la vostra identità? la vostra vita?

queste categorie non esistono al di fuori di un sistema neoliberista eteropatriarcale, bianco, occidentale che crea precarietà, isola, sussume e sfrutta a proprio vantaggio le soggettività queer transfemministe, un sistema dove c’è chi domina e chi riceve, chi subisce e chi impartisce, chi decide e chi obbedisce. vogliamo fuori dai nostri rapporti queste dinamiche di dominatore-dominato a meno che non richieste e concordate, con le vostre restrizioni ci facciamo il bondage! vogliamo essere fluide! siamo qui per ribaltare questo sistema dritto e retto, nel retto il dritto e dritto nel retto! prendetelo! perché ci siamo stancate di doverci succhiare i vostri desideri repressi.

scioperiamo dal riprodurre: comportamenti, metodi, vita; stanche di dover riprodurre come “unica” scelta. sicurə di dover scegliere una soluzione di vita già tutto incluso? già decisa, tutto in uno per lui: scuola, calcio, lavoro e per lei bambole, figli, licenziamenti e lavatrici! non è che ne abbiamo abbastanza di ripetere? attualmente viviamo in un mondo sovrappopolato, ha qualche senso essere governatu da una norma che plasma tutta la nostra esistenza, fin dai suoi inizi, finalizzata unicamente a ripopolare il mondo? e se ci stiamo estinguendo chi se ne frega? chi siete? come amate?

ci pare “cosa buona e giusta” [cit.] non portarci dietro i rapporti di disuguaglianza che il sistema ha cercato di inculcarci. può capitare che ci si approcci a noi con sguardo divertito, alle volte malizioso e fin troppo spesso paternalistico, smettiamola con questa storia che il tempo dona saggezza, collaboriamo per una città trasversale e intersezionale. per una città queer! smettetela di ripetere: “tu non sai cosa vuoi veramente!”, dovete decidere voi? la società protegge i “suoi giovani” o finisce per soffocarlə? anche oggi, “cari giovani”, il sistema vi offre delle prospettive reali: la disoccupazione. pigri, sdraiati, bamboccioni, voi che avete sbagliato tutto dalla vita, accettate impieghi e lavori sottopagati che non corrispondono alle vostre attidudini e alla vostra formazione e già che siete in fila accettate anche l’eteronormatività e il genere imposto alla nascita. opponiamoci al sistema eteropatriarcale dominante, discriminatorio verso le donne e le cosiddette “minoranze” di genere ed esigiamo il diritto all’autodeterminazione di genere e sessuale!

siamo qui per riflettere sul cosa significhi parlare per coloro allu qualu è stato negato accesso alla ragione e alla conoscenza, per coloro che vengono consideratu malatə o criminalə. per chi non è ancora natə e già maledettə! per quei corpi che più non hanno voce, per i corpi esclusi, per i corpi dissidenti! corpi di sexworker, tossiche, finocchie selvatiche, creative esaurite, persone trans, donne, sieropositivə, camioniste fuori moda, di omosessuali, femminelle, vecchie checche senza contributi, di frocie, cagne e puttane. e ancora di massaie critiche, butch insolventi, nonne ribelli, precarie messe al bando, mutanti, anemoni e unicorni. tuttə le vittime dell’omolesbobitranfobia. siamo qui per difendere il diritto di ogni corpo, indipendentemente dalla sua età, dai suoi organi sessuali o genitali, dai suoi fluidi riproduttivi e dai suoi organi gestanti. il diritto di ogni corpo di non essere educato esclusivamente per trasformarsi in forza lavoro o forza riproduttiva! e poi, chi ci pensa ai bambini? questa è la frase che ci sentiamo ripetere da sempre, quando si parla della nostra esistenza queer. allora sì, ve lo diciamo chiaro e tondo: bisogna difendere i diritti dei bambinu! quel diritto che dovrebbero avere tuttu lu bambinu di essere consideratu come soggettività irriducibili a un’identità di genere, sessuale, razziale, a prodotto dell’adulto autoritario, esenti da qualsiasi tipo di autodeterminazione sul proprio corpo e sulla propria mente.

scioperiamo dalle narrazioni uniche che danno legittimità ad un solo tipo di amore: quello romantico, monogamo, eterosessuale, cis ed abile. sputiamo sopra etero-mono-cis-amato-allo normatività, quello che vorrebbe ridurci a metà delle mele e anime gemelle, intrappolarci nella scala mobile relazionale, gerarchizzare le nostre interazioni umane e non umane e costringerci ad assumere ruoli predefiniti l’uno successivo all’altro, in ordine: conoscersi, frequentarsi, impegnarsi, avere una relazione monogama di tipo romantico, fidanzarsi, sposarsi e fare figli, riproducendo così il “modello tipo” più funzionale possibile per la riproduzione. sin da piccol* ci viene insegnato che la famiglia e l’amore sono sacrificio, anche economico, e la chiave per la realizzazione personale. ci viene insegnato che per salvaguardare il benessere della coppia bisogna scendere a compromessi che affondano le radici nella violenza, psicologica e fisica. la malastampa accentua queste dinamiche proponendo narrazioni tossiche di femminicidi in cui il violento, lo stupratore, il femminicida è rappresentato come gigante buono, accecato dalla gelosia, pazzo d’amore, dove i crimini vengono minimizzati e le foto e i dati delle vittime esposti e dati in pasto alla gogna mediatica, uccidendole di fatto due volte. frasi come “sei mio/a” o “farei follie per te” sono abusate nella vita di tutti i giorni e parte di una cultura basata sulla normalizzazione della possessività, tanto che sentiamo fare vanto di certi comportamenti e affermazioni tossiche.

non ci opponiamo alla monogamia come scelta relazionale ma denunciamo e rifiutiamo un sistema monogamo basato sulla gerarchia tra relazioni (quelle romantiche, monogame e che hanno come obiettivo la costruzione della famiglia nucleare sopra a tutte le altre) e sulla competitività. lo rifiutiamo anche perché sistema che si integra con il capitalismo, con il nazionalismo e con il razzismo in quanto tutti sistemi che affondano le loro radici nella competitività tra individui e nel rafforzamento di un altro dualismo, quello tra un “noi” e un “loro”, basato su principi biologicisti ed essenzialisti (noi famiglia biologica, noi stato nazione, noi gruppo etnico).

basta con la famiglia! la sessofobia! i ruoli nella coppia! l’attivo e il passivo. resistiamo alla radioattività della famiglia nucleare! vogliamo bagni liberi dal genere! indossare le gonne! i pantaloni! le gonne-pantalone! fare il buco all’orecchio anche a destra senza essere “gay”, liberiamoci da questo terrore di non appartenere ad una norma, tuttə insieme, non siamo da mettere sotto il tappeto, oggi come domani rifuggiamo la vergogna e rivendichiamo il nostro essere sbagliatə! diversə! mostruosə! tutti i giorni, tutto l’anno. lasciamo l’etichette all’età vittoriana che fra le altre cose l’unico motivo per la quale è ricordata sono state le opere di una frocia.

siamo transbilellefrocie, asessuali, demisessuali, aromantich*, poliamorose, anarchiche relazionali, siamo corpi non conformi, cancelliamo i confini delle nostre relazioni, ricostruiamo l’amore libero, autogestito e consensuale, distruggiamo i confini tra stati, cerchiamo la nostra forza nella cooperazione anziché nella competizione.

oggi e tutti i giorni: stai attento macho, squeertiamo ovunque!


Sciopero dai generi: per un 8M transfemminista queer

Documento della Rete NazioAnale TFQ

Da anni i movimenti transfemministi hanno portato alla luce la questione dello sciopero dai generi. Questa formulazione ci sembra efficace poiché affronta diversi livelli di sfruttamento/esclusione/marginalizzazione.

Perché?

Perché vogliamo combattere contro l’imposizione binaristica dei generi, maschile e femminile, con tutti i ruoli annessi, asimmetrici e discriminatori. Vogliamo essere liber* di autodeterminare la nostra identità di genere, la nostra sessualità, i nostri corpi e desideri senza imposizioni, strutture o violenza medica e psichiatrica!

Con le nostre stesse esperienze di vita scardiniamo questo binario “M o F”, ci rifiutiamo di percorrerlo e contribuiamo alla liberazione di tuttu dalle imposizioni e dalle condizioni di minorità a cui tuttu siamo sottopost*, in modi diversi e intersezionali. La nostra lotta è contro l’eterocispatriarcato, è ribaltamento dalla norma cisgender che questo sistema continua ad imporre in una perpetua pratica di riproduzione del capitalismo e dello sfruttamento sulla linea del genere e della razzializzazione.

Dal punto di vista del lavoro riproduttivo e produttivo anche noi partecipiamo al fenomeno della femminilizzazione: sul lavoro (precario/sfruttato/malamente salariato) viviamo la sussunzione e strumentalizzazione capitalista dell’identità queer. Vediamo come sempre di più una serie di caratteristiche e stereotipi che ci riguardano vengano messe al lavoro. Le grandi multinazionali si vantano delle iniziative di inclusività e “diversity management”, utilizzando l’immagine dell’“apertura alle persone LGBTQIA+” per aumentare i propri guadagni, guadagni che poi non sono redistribuiti attraverso il reddito. Lanciano poi campagne di sensibilizzazione che spesso ci restituiscono immagini altrettanto stereotipate di noi stessu, cioè ci riducono all’immagine simbolo della “coppia gay unita civilmente” che lavora e alla “normalità”, decretando l’ennesima mistificazione ed esclusione delle persone trans, delle lesbiche e delle frocie. Tutto questo è aggravato dalla corsa ad ostacoli per ottenere i “pezzi di carta” indispensabili per accedere a lavoro e servizi: permessi di soggiorno, status di rifugiatu, una carta di identità con il nome e il “sesso” che scegliamo, una tessera sanitaria o un certificato di licenza media/elementare/diploma/laurea.

Svolgiamo inoltre lavoro riproduttivo gratuito quando siamo costrettu al sorriso, al trucco e parrucco, quando subiamo molestie o micro-violenze, quando finiamo per diventare le/i/* confidenti delle/dei colleghi eterocis che ci considerano figure “neutre” nei luoghi di lavoro, quando siamo fortunat*! Quando il lavoro di cura ce lo facciamo pagare come sexworker, veniamo criminalizzat* e stigmatizzat*, noi diciamo basta: #strikefordecrim! – il lavoro sessuale è lavoro, scioperare per decriminalizzare!

Come soggettività femminilizzate siamo impegnat* a decostruire gli stereotipi che riguardano la “cura”. Questo livello è fondamentale proprio oggi, durante l’emergenza pandemica. Perciò lo sciopero dai generi significa anche scioperare, da un lato, dalla visione proposta dalle istituzioni di gestione della cura nel contesto pandemico come verticale, paternalistica e, dall’altro lato, dalla “cura” naturalizzata come “caratteristica femminile”, quindi ancora in modo stereotipato, come accudimento remissivo, per affermare che cura è anche conflitto! Riteniamo fondamentale quindi dare valore alle nostre analisi e pratiche di prevenzione e autogestione della salute che recuperiamo dalle consultorie e dall’attivismo impegnato nella lotta all’HIV/AIDS.

La nostra lotta contro il binarismo del genere riguarda anche l’idea di scuola. Non riconoscere la dimensione della riproduzione sociale tra le funzioni della scuola, concentrandosi sulle funzioni di “servizio”, non permette di comprendere come l’alternativa alla scuola resti esclusivamente la famiglia, una delle istituzioni che da sempre riconosciamo come sede della violenza di e del genere. La visione della scuola come mero welfare è pericolosa perché finisce per considerare la scuola come erogatrice di un “servizio” e le “famiglie” e studenti come “utenti”. Una visione del genere è molto vicina a quella dei comitati NOGENDER, che ritengono sia diritto dei genitori influire sull’offerta didattica, in particolare per ostacolare e sabotare qualsiasi progetto di educazione alla sessualità, affettività, e genere. Allo stesso tempo la visione della scuola come didattica pura dimentica la dimensione del lavoro riproduttivo o di cura (lavoro affettivo, relazionale) pagato che in essa si svolge, come se questo avesse meno dignità del lavoro didattico-educativo. È questa visione che porta ad illudersi che anche la DAD sia scuola, mentre non è altro che una nuova incarnazione delle multinazionali, che trasformano l’educazione in mera informazione. Il nostro sciopero dai generi coinvolge la dimensione scolastica perché vogliamo negare la riproduzione sociale istituzionale dell’etoronorma sulla base del genere, della classe, dell’abilità, della razzializzazione.

Abbiamo bisogno e desiderio di socialità frocia, a fronte del confinamento in case troppo spesso luoghi di violenza misogina e omolesbobitransfobica. Lo sciopero dai generi è quotidiano e per organizzarci vogliamo spazi: consultorie, case rifugio, centri culturali, luoghi dove dare vita a forme di mutualismo, parentele altre e una socialità lontana dalle logiche di mercato e dalle forme di controllo. Invece i nostri spazi continuano a chiudere, a causa della crisi e ancora di più a causa della repressione, spacciate per austerità e senso del decoro, che molt* compagn* stanno pagando a caro prezzo. Per questo invitiamo a partecipare ai crowdfunding organizzati per sostenere le spese legali degli spazi transfemministi e femministi, luoghi essenziali per il contrasto alla violenza sistemica.

Lo sciopero è essenziale mentre il genere come dispositivo di controllo sociale, economico, politico e culturale… NO! Ci uniamo all’8 Marzo transfrontaliero con la forza della dissidenza sessuale, perché la rivoluzione sarà transfemminista o non sarà!


digli no e basta, frocetta col culo infetto!

liberamente tradotto e audioperformato dalla zine “infected faggot perspectives” del 1992.

a tutte voi queen che mi pensavate stecchita… non lo sono! Eccomi qui!! che non lo sapevate? le cattive ragazze non muoiono giovani, cazzeggiamo finché tutte le cose belle son finite. sì! anche tu puoi esser gnocca, vivere a lungo e avere l’aids, guarda me…

due mesi fa questa queen era quasi morta, stesa in letto di ospedale, marcia, 58 chili bagnati. ero coperta di piaghe, croste, macchie e mi cacavo addosso, oh e vedevo cose! ma ho vissuto abbastanza per dirvelo e manco ho dovuto sacrificare infanti innocenti o animaletti per farlo. ho semplicemente detto no.
sì, digli di no, il consiglio di alcune untempofurono, o maisonstate, attrici, è diventato infine realtà per me. sono qui ad infestarvi per un altr’anno. non me ne andrò facilmente. non finché qui me la posso ancora spassare e fare casino.
ora voi queen cazzo venite giù come mosche? non sapete che tutto ciò che dovete fare è rifiutarvi di morire – decidere di non andarsene! niente di più facile (beh a parte avere un medico di fiducia che comunque aiuta) ma alla fine la scelta è vostra.
quindi la prossima volta che il mostro brutto e cattivo, l’aids, viene a farti visita, pensando che non vi farete pregare due volte, semplicemente fagli sapere che non succederà, sorella. mettici tutta la gretta, irritante e perfida energia che noi queen conosciamo molto bene. di’ a quel bavoso fetido bestione di filarsela, abbi solo presente che in questo caso potresti indirizzarlo alla queen del piano di sotto che se la passa peggio di te.
per tutte le le froce hippie vivipositiva, potete fare meditazione – ma non sperate di risvegliarvi, ci vuole ben più dell’amore cosmico per sfangarla, stavolta.
quindi anche se stai tremando in ospedale, mettiti qualcosa di sciccoso (o, se sei glamour, fa’ qualche mossa nella tua mise di seta), esci le cosce e sbatti le ciglia. mentre lo sbatti fuori, tieni ben aperta quella tua enorme e spaventosa boccaccia e urla: “fottiti! non me ne vado… non ancora. baciami gli herpes brutto bucodiculo incrostato, grottesco, infetto e sgocciolante. questa frocia non è finita! ciò che sta per fare è ucciderti… “
beh… aspetta e vedrai. sicuramente starai meglio.
ora tieni a mente che il mostro dell’aids può arrivare in qualsiasi momento quindi se ti imbarazzi facilmente, non puoi urlare o comunque non puoi sopportarlo se c’è altra gente nella stanza (perché il mostro non viene sempre quando sei da sola, sebbene tu sia l’unica in grado di vederlo), beh, sei spacciata. un altro po’ di cenere sparso sulla spiaggia, un altro funerale a cui nessuno vuole partecipare. infelice fu la ragazza, troppo spaventata per aprire la bocca quando più sarebbe servito, che non riuscì a zittirlo!
ricorda a te stessa che puoi stare meglio! puoi rimanere – beh potresti restare irreversibilmente orribile o mutilata, ma ancora respirerai… cerchi un’esperienza spirituale? beh eccone una: non morire giovane!”

contro natalismo e antiabortisti, dillo forte il 31 ottobre 2020


“madre fammi posto tra le tue gambe
piego la mia testa, il buio è grande
fondo, profondo, dentro fino in fondo
più in fondo, più in fondo, più in fondo ancora in fondo
scava, pigia, dai, dai, pigia
scava di più finché non ci sono più
finché non ci sono più, finché non mi trovo più”
(“o madre”, nada, 2019)

produci riproduci consuma consumati crepa
dal piemonte alla polonia, senza dimenticarci degli usa, in cui il 22 ottobre l’amministrazione trumpiana si è fatta promotrice di una dichiarazione anti-abortista firmata da 31 stati del mondo, la pervasività della vecchia cultura del natalismo continua a farsi spazio anche nelle nuove forme di produzione e riproduzione capitalista.
il natalismo, ovvero quella cultura dominante che, ad esempio attraverso le minacce dello scadere del tempo dell’orologio biologico (ti sei ricordata di sgravare?), o ancora quello della sostituzione etnica (fai a gara con gli stranieri a chi fa più figli!), strumentalizza le nostre corpe e le gravidanze in senso nazionalista ed eterocispatriarcale.

in questo senso la circolare anti-aborto della regione piemonte insidia le nostre vite ponendoci di fronte alla norma eterosessuale e procreativa della perpetrazione della stirpe, strumentalizzando i corpi utero-dotati all’obbligo al lavoro riproduttivo.
usando lo stratagemma retorico dell’aiuto alla scelta di chi sta pensando all’aborto, governanti e preti ribadiscono l’importanza di “dare futuro all’italia”, come ricordato in alcuni manifesti di pubblicità progresso (sic!) che ritraevano una persona incinta al balcone, sguardo volto all’orizzonte e bandiera nazionale alle spalle, durante la prima crisi di covid-19.

“l’invito è a fare figli oggi, perché qualcuno ci badi un domani – e a tenerci in forma, perché non sia troppo costoso curarci. fate un bambino come fosse un debito, in nome di una futura ricompensa. fate un bambino come un investimento: il capitale raddoppierà a trent’anni dalla nascita! queste le ingiunzioni implicite che ci consentono di leggere sotto una nuova luce «il fascismo del volto del bambino», di cui parla lee edelman nella sua teoria queer antisociale (no future, 2004).” (angela balzano, federico zappino, “il partito nazionale della fertilità. capitale riproduttivo e governo della vita”, hopefulmonsters, 8 settembre 2016)
al fascismo del volto del bambino, figura allegorica per la quale ogni azione quotidiana, ogni azione politica, dev’essere etica e ponderata per “assicurare un futuro migliore allu nostr* figl*”, noi opponiamo una vogliosa riappropriazione del presente, per goderlo, libero dalle imposizioni di qualsivoglia norma, assaltando l’eterosessualità come unica possibilità di politica sociale ed emotiva. facciam risuonare forte le nostre corpe lottando per il presente, per trasformarlo da cupo a cupio, per liberare la potenza delle corpe minorizzate e marginalizzate.
non saranno le viscide e autoritarie mani di preti e politicanti che vogliono forzare le nostre mutande a fermare questa potenza, non sarà il becero e ammuffito familismo a normare e normalizzare le nostre irripetibili relazioni emotive e sociali, non sarà la scellerata corsa capitalista al riprodurre letteralmente e socialmente questa società tossica ad azzittire la nostra voglia di libertà.

questo 31 ottobre saremo in piazza a torino con lu nostr* sorell* a gridarlo forte
https://www.facebook.com/events/726449191549624?active_tab=about

aborto libero in tutto l’universo
“make kins, not babies” (donna haraway)

 


il ((free(k))) pride è una carnevalata

 

“sono molto violento, tiravo coriandoli
fin da bambino addosso alle suore
non mi sono mai vestito da hendrix da zorro e nemmeno da arlecchino
a 15 anni ho incontrato la schiuma
mi divertivo ad imbrattare i manifesti elettorali
non li capivo e tutt’ora non capisco
ormai sono passati anni, la schiuma non me la posso più permettere
sono un gelataio quello si il migliore,
almeno la mia mamma dice cosi
ma non vedo l’ora che arrivi febbraio, a febbraio c’è la mia festa preferita
sei diventato punk al carnevale
al carnevale”
(Asino – Mi sono bruciato coi coriandoli)

una baracconata, una volgarità, una carnevalata. questo è pride, come solerti bigott* tengono a precisare nelle telemondovisioni e network che possiedono, praticamente ogni giugno da 50 anni. una goliardata, una provocazione, uno scandalo, un carnevale.

beh, sa che c’è, vossignoria?
c’è che il (free(k)) pride (e invero così dovrebbero essere, o sono, tutti gli altri pride) sono carnevale perenne, fiera carnevalata che persegue il preciso scopo di sovvertire il potere. quello grosso,
quello originario, il potere eterocispatriarcale.

ogni tanto ci piace essere tradizioanali.

scrivevano bene lu squatter torinesi in occasione del carnevale s-catenato “ogni scherzo vale”, ahimè annullato a febbraio 2020:
“durante le dionisiache e i saturnali, si festeggiavano dionisio e saturno ricorrendo alla farsa, al rovesciamento sociale, ad unapproccio svincolante la prassi quotidiana. durante le feste gli
schiavi si cambiavano d’abito e vestivano come gli uomini liberi, erano liberi di biasimare i padroni e di esprimere qualsiasi parere senza la minaccia di essere puniti. si tenevano fastosi banchetti,
erano sospese le operazioni militari, chiudevano i tribunali e le scuole, erano permessi il vino per tutti e il gozzovigliare collettivo. si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi
sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza.
esci il mostro che è in te! dà voce ai tuoi mille volti! rioccupa gli spazi del tuo divertimento!”
anche questo vorrà essere la frocial mass dell’11 luglio torinese: sovversione carnevalesca dell’eterocisnormatività, che sia pride tutti i giorni!

d’altra parte, come facevano translellebifroce a fare coming out, a esprimere in libertà la loro eccedenza alla norma, prima dei pride? ci riesce facile immaginare il passato delle soggettività lgbt+ che, indossando una maschera per levarsene molte, si vestivano con abiti del genere che volevano, palesavano relazioni proibite, erano liber* oscen* in strada. dove, se non al carnevale? d’altra parte, non stiamo dicendo niente di nuovo: in molte parti del mondo, da sydney a colonia, il pride assume il nome di mardi gras, il martedì grasso carnevalesco che infiammava e scandalizzava le strade di new orleans.
maschere, mascara, mascherine: tutti i mezzi sono leciti per smetterla di vestirci ogni giorno da persone etero cisgenere, come siamo obbligat* a fare, e travestirci in quello che siamo, significare e
risignificare i nostri corpi.

perché negarsi questo doppio, multiplo piacere? sabbotare, sovvertire e contemporaneamente carnevalare, ballare, mascherarsi, godere. per anni abbiam sentito schiere di gay perbene sostenere, in opposizione a destre e conservatori, che il pride non è una carnevalata, ma un’importante manifestazione per ottenere diritti per le persone lgbt+. e innegabilmente tra gli effetti dei pride nel mondo ci sono stati importanti cambiamenti legislativi che hanno parzialmente agevolato la vita delle translellefrocie che se lo potevano permettere. ma il pride non ha questa origine. il pride è stato, è  e sarà capovolgimento del potere che ha portato lu ultim* reiett* della società a diventare potenti protagonist*. è frivolezza al potere, è linguaggio crasso e mostruoso, è performance transformista. è carnevale.

ribalteremo il vertice, questo 11 luglio 2020
tremate cattofasci: anche oggi è il nostro carnevale, e ogni squeerzo vale.


11 LUGLIO – FREE(K) PRIDE: FROCIAL MASS

Da qualche anno gruppi transfemministi queer e solidali frocizzano le strade delle nostre città, riportando il pride su un piano critico di lotta all’esistente, e in particolare ai sistemi di potere e alle loro gerarchie: il patriarcato, l’etero-cis-sessualità obbligatoria, il capitalismo, il (neo)colonialismo, il fascismo, il machismo, l’abilismo, lo specismo, l’ageismo, la sessuofobia, la religione e molti altri.

In questo tristo 2020 i corpi non conformi, e in particolare i corpi trans, non eterosessuali, disabili, vecchi, tutti i corpi non (ri)produttivi, sono stati dimenticati, sanzionati e confinati tra le mura domestiche di quella microsocietà, la famiglia, che spesso per le persone lgbt+ e per le donne diventa violento luogo di reclusione.

Molt* altr* un tetto proprio non l’avevano: anche durante l’isolamento a Torino, una delle capitali degli sfratti, non sono rimasti che i pericoli della strada e dei dormitori, diventati focolai come le RSA, diventati gabbie come i CPR, dove alle violenze inflitte ax prigionierx si è aggiunta quella del sovraffollamento durante la pandemia.

Anche i corpi in carcere sono stati piegati con la violenza durante le rivolte che hanno attraversato le prigioni italiane. I corpi dex lavoratorx “essenziali” sono stati esposti al contagio per far funzionare la macchina del profitto. La produzione bellica non si è mai fermata, lx facchinx dell’e-commerce hanno fatto gli straordinari.

Nel mondo in cui siamo forzati a vivere ci sono persone che non valgono, sacrificabili, sostituibili, intercambiabili. La gestione della pandemia lo ha reso crudamente evidente.

Il coordinamento Torino Pride, l’associazione di secondo livello che a Torino raggruppa tutte le associazioni lgbt+ mainstream, comprese le lobby liberal espressione dei partiti di maggioranza, e polis aperta, un’associazione di sbirri gay, ha deciso quest’anno di celebrare, nel cosiddetto pride month, il “primo pride online della storia”.

Il Torino Pride non ci mancherà. Non ci mancherà la kermesse da centomila persone che tinge di rosa l’immagine dello stato e della sindaca, che lava di rosa le coscienze di omo-lesbo-bi-trans-fobici più o meno latenti pronti a farsi scattare foto coi loro brand arcobaleno e l’hashtag #loveislove.

Noi vogliamo #moltodipiùcheglihashtag. Vogliamo rioccupare le strade con i nostri corpi. Rifiutiamo – ancora una volta – la logica del produci-consuma-crepa che in questo post-lockdown si è fatta ancora più evidente. Questa logica che ci vorrebbe docili (ri)produttor* e consumator* che rinunciano al conflitto per il “bene comune”. Se scegliamo di prenderci cura l’un* dell’altr* lo facciamo perché crediamo nella cooperazione e nella tutela solidale e volontaria, non perché uno stato paternalista ce lo ordina.

Noi translellefrocie e complici non rinunceremo a riprenderci le strade, e vi rifacciamo il Free(K) Pride, quest’anno una Frocial Mass!

Ci pigliamo tutto!
Bici, cicli, tricicli, sedie a rotelle, pattini, trabiccoli, carretti, trampoli o semplicemente i vostri deliziosi piedini per frocizzare l’esistente, nel rispetto e nella tutela dell’altr*, usando mezzi non amotore per riaffermarne l’importanza, ingombrandoci di travestimenti per tutelarci con la distanza fisica ma non sociale, per farla anticapitalista, antiautoritaria. Libera.

Queste le linee guida che abbiamo pensato insieme per scendere in piazza con un occhio di riguardo per le vulnerabilità di tutt*:

* indossiamo mascherine e maschere, attivando la nostra creatività frocia e antispecista;
* scegliamo un mezzo su ruote (bici, pattini, sedie a rotelle, carretti, ecc.) oppure veniamo a piedi addobbandoci o travestendoci in modo da evitare l’eccessiva prossimità fisica (qualche suggerimento: scatole e cartoni, gonne ottocentesche, ali);
* manteniamo il corteo il più lento possibile perché l’andatura sia adatta a tutt*.

Ci vediamo in piazza Castello sabato 11 luglio alle 16!


MANIFESTO DELLA SALUTE TRANS

In occasione della giornata mondiale della salute (il 7 aprile), abbiamo tradotto il Trans Health Manifesto

Originale qui.

Sappiamo bene che nei momenti di crisi sociale, politica ed economica i diritti dei soggetti considerati marginali sono i primi a venire revocati. Lo ha dimostrato in questi giorni la decisione del primo ministro ungherese Orbán di vietare la rettifica anagrafica per le persone transgender, come primo atto subito dopo aver assunto i pieni poteri. Per riaffermare l’importanza della lotta per i nostri diritti in qualsiasi circostanza e per ribadire che non lasceremo spazio alle derive fasciste e/o neoliberiste, pubblichiamo la nostra traduzione del “Manifesto della salute trans” scritto dalla Edinburgh Action for Trans Health. Il manifesto ci sembra anche in linea con gli obiettivi della condivisione di saperi “dal basso” per la promozione di processi di cura orizzontali e la lotta per l’autodeterminazione delle persone e delle comunità della Campagna Dico32 – Salute per tutte e tutti.

Per l’autodeterminazione delle persone trans.
Per il superamento del gatekeeping medico e psichiatrico.
Per il diritto all’autonomia corporea delle persone intersex e trans.
Perché l’accesso all’aborto libero e gratuito sia garantito sempre.
Per il diritto alla salute de* lavorat* sessuali.
Nessun* deve rimanere sol*.


La salute trans è autonomia corporea. Esprimeremo i nostri bisogni ed essi saranno soddisfatti. Cambieremo i nostri corpi nel modo che vogliamo. Avremo ormoni e bloccanti universalmente accessibili e disponibili gratuitamente, procedure chirurgiche e ogni altro trattamento e terapia pertinente. Porremo fine al gatekeeping medico sui nostri corpi. Avremo un pieno riconoscimento della responsabilità storica per gli abusi perpetrati contro di noi in nome dell’“assistenza sanitaria”. Vedremo riparati questi crimini e i crimini commessi contro altre persone in nostro nome.

Non siamo troppo malat*, troppo disabili, troppo ansios*, troppo depress*, troppo psicotic*, troppo Pazz*, troppo estrane*, troppo giovani, troppo vecchi*, troppo grass*, troppo magr*, troppo pover* o troppo frocie per prendere decisioni sui nostri corpi e sui nostri futuri. Siamo tutt* auto-medicat*. La nostra capacità di azione sarà riconosciuta. Ognun* di noi lavora molto più duramente per la nostra stessa salute e per quella delle persone che ci circondano di quanto qualsiasi medico abbia mai fatto e continueremo a costruire comunità di supporto su principi di mutuo aiuto.

Neghiamo la separazione di corpi, menti e sé – una violenza contro qualsiasi parte di noi è una violenza contro tutt* noi. Crediamo che l’epidemia di condizioni croniche nelle nostre comunità sia una conseguenza della guerra di logoramento condotta contro di noi nel corso dei secoli. Noi non esistiamo in isolamento, ed è essenziale per la nostra assistenza sanitaria che tutt* guariamo insieme, curandoci a vicenda e curando il nostro mondo. Guariremo il danno fatto da confini e stati, governo e autorità, capitalismo e imperialismo.

Riconosciamo che la storia della medicina trans è una storia di abuso coloniale e fascista. Vediamo la storia della sperimentazione eugenetica dai campi di concentramento nazisti, all’implementazione coloniale del regime binario di genere occidentale, ai test di verginità per le donne dell’Asia meridionale e altre donne di colore nel Regno Unito negli anni ’70; dalle prove di sterilizzazione e controllo delle nascite forzate sulle donne di Puerto Rico, alle migliaia di persone nere che sono morte nei reparti psichiatrici del SSN; dalla negazione dei diritti riproduttivi delle persone disabili, alla negazione dell’accesso agli aborti alle persone nel nord dell’Irlanda e nella Repubblica d’Irlanda, nel passato e nel presente. Vediamo la continua manifestazione della medicina eugenetica nella negazione della nostra autonomia corporea come persone trans oggi: dagli interventi chirurgici coercitivi su* bambin* intersex, alla sterilizzazione forzata in alcune parti dell’Europa, alla sorveglianza e alla cattiva informazione sulla nostra riproduzione sessuale, al gatekeeping degli interventi chirurgici e delle medicine.

La nostra lotta per l’autonomia corporea non può essere separata dalla nostra lotta per la giustizia riproduttiva. La richiesta di fare ciò che vogliamo con i nostri corpi è necessariamente una richiesta per aborti gratuiti e accessibili, per la depenalizzazione del lavoro sessuale e per l’auto-determinazione universale. Combattiamo per porre fine ai confini, alle carceri e alla polizia. Riconosciamo che non esistiamo indipendentemente dal nostro ambiente, e quindi la nostra lotta per l’auto-determinazione e la salute è anche una lotta per la giustizia climatica. Non siamo separat* dal nostro ambiente, la salute è irraggiungibile se l’acqua è avvelenata e la terra è bruciata.

Non ci saranno cliniche né autorità. Condurremo noi le nostre ricerche e sperimenteremo con i nostri corpi. Guariremo e cresceremo insieme. Accumuleremo sapere e lo condivideremo in modo gratuito e accessibile. Non pretendiamo nulla di meno che la totale abolizione della clinica, della psichiatria e del complesso medico-industriale. Pretendiamo la fine della “medicina” capitalista e colonialista.

Pretendiamo che ormoni e bloccanti siano resi disponibili come farmaci da banco e con prescrizione gratuita su richiesta. Abbiamo bisogno dell’accesso sicuro e universale agli ormoni e ai bloccanti a ogni età, dell’opportunità di decidere noi stess* le nostre dosi, e di informazioni accessibili a tutt* riguardo alla sicurezza e all’efficacia dei diversi trattamenti. Stiamo già prendendo gli ormoni in questo modo, quindi questa richiesta è semplicemente per assicurarci che il rischio venga mitigato efficacemente.

Pretendiamo che tutte le terapie per cui è possibile farlo vengano rese disponibili negli ambulatori, con l’accesso diretto invece per terapie e procedure per cui gli ambulatori non sono adatti.

Pretendiamo esami del sangue anonimi, sia inviati per posta sia presso gli ambulatori dei centri endocrinologici, dove potremo chiedere la consulenza di una persona specialista, se lo desideriamo.
Pretendiamo la libertà di alterare i nostri corpi senza giustificazione. Pretendiamo la fine di tutti i prerequisiti richiesti per la chirurgia – nessun* dovrebbe essere obbligat* a dimostrare la propria esperienza di vita, la propria salute, o essere obbligat* a prendere ormoni per poter esercitare l’autonomia sul proprio corpo. Pretendiamo che queste operazioni chirurgiche possano essere altamente personalizzate, per soddisfare i nostri bisogni, che sono individuali e unici. Pretendiamo il diritto a operazioni chirurgiche multiple, inclusa l’inversione di operazioni precedenti, se lo desideriamo, così che non dobbiamo temere di pentirci. Pretendiamo che ci vengano fornite in modo gratuito e tempestivo operazioni chirurgiche genitali, additive e riduttive del torace, isterectomie e orchiectomie, operazioni alla trachea e alle corde vocali, operazioni facciali, lipoplastica, contouring mandibolare e microdermoabrasione, rimozione chirurgica dei peli e trapianto e ogni altra procedura possibile che possa soddisfare i nostri bisogni nel momento in cui li esprimiamo.

Pretendiamo risorse per la rimozione dei peli in qualsiasi punto del nostro corpo e l’opzione dell’anestesia locale nel corso di queste procedure.
Pretendiamo un coaching vocale che non ci obblighi ad alterare le nostre voci in modi che non desideriamo, ma che invece rispetti i nostri accenti e il nostro diritto di esprimerci in qualunque modo lo desideriamo.

Pretendiamo l’accesso al counseling e a ogni altra terapia che scegliamo.
Pretendiamo la revoca della licenza medica a tutt* l* dottor* e infermier* delle cliniche “di genere”, passat* e presenti.

Pretendiamo il potere di riconoscere la responsabilità di coloro che hanno abusato del loro potere medico e amministrativo per le ingiustizie passate e presenti.

Pretendiamo una formazione medica che ci permetta di eseguire in modo sicuro procedure mediche e ricerche l’un* per l* altr*, per chiunque tra di noi voglia imparare. Accresceremo la nostra conoscenza collettiva, così che i mezzi per conoscere i nostri corpi siano universalmente accessibili. Pretendiamo il miglioramento dei farmaci che prendiamo e delle procedure a cui ci sottoponiamo, per ridurre gli effetti collaterali negativi nel lungo termine, e per sottolineare l’esperienza che noi ne facciamo e la comprensione dei loro effetti sui nostri corpi.

Pretendiamo centri di ricerca e biblioteche, organizzate autonomamente e orizzontalmente da e per le persone trans, in cui i soggetti della ricerca partecipino in egual misura alla decisione riguardo gli esperimenti portati avanti e il modo in cui tali esperimenti vengono condotti. Pretendiamo finanziamenti completi per qualsiasi ricerca o progetto intrapreso da questi collettivi.

Pretendiamo un’istruzione obbligatoria, scritta e insegnata interamente da persone trans, in tutte le fasi dell’educazione, dall’asilo all’età adulta. L* bambin* trans hanno bisogno di capire se stess*, nel contesto del proprio corpo, della propria vita e delle proprie esperienze. Dobbiamo riparare il danno fatto dalla sezione 28 [clausola del Local Government Act del 1988 che obbligava le autorità locali a “non promuovere intenzionalmente l’omosessualità o pubblicare materiale con l’intenzione di promuovere l’omosessualità” o “promuovere l’insegnamento in qualsiasi scuola finanziata dallo stato dell’accettabilità dell’omosessualità come pretesa relazione familiare”, NdT], il cui retaggio sta ancora causando danni a* bambin* di oggi.

Pretendiamo riparazioni materiali per gli abusi storici contro le persone trans e per tutte le persone danneggiate dalle pratiche mediche e dalle politiche eugenetiche.

Pretendiamo la fine dei certificati di nascita e del genere anagrafico. I registri di genere dovrebbero essere resi anonimi e registrati sempre e solo nell’ambito del monitoraggio delle uguaglianze. Né il governo, né alcuna istituzione ha alcuna giustificazione per tenere un registro delle persone trans. I certificati di nascita non sono solo una violenza contro le persone trans, ma sono materiale per l’oppressione da parte dello stato su migrant* “senza documenti” e richiedenti asilo.

Pretendiamo case di buona qualità, accessibili e sicure per tutt*; e richiediamo risorse adeguate affinché le persone trans ed emarginate possano accedere a schemi e progetti per costituire comuni e cooperative abitative.

Pretendiamo che le persone trans vengano immediatamente liberate dai contratti di polizia, militari e del governo senza ripercussioni. Rifiutiamo il sistema di ricatti in cui le aziende e i governi agiscono, in base al quale le persone trans che possono lavorare vengono “ricompensate” con leggermente meno maltrattamenti in cambio dello sfruttamento del nostro lavoro. Non permetteremo il pinkwashing della violenza del capitalismo, dell’imperialismo e dello stato.

Pretendiamo l’amnistia, il ricorso a fondi pubblici e il diritto di rimanere a tempo indefinito ai benefici di tutte le persone migranti e richiedenti asilo trans, lesbiche, gay e bisessuali. Nessun* è illegale.

Pretendiamo il rilascio immediato e l’indulto per tutt* l* prigionier* trans.

Edinburgh Action for Trans Health