sabato 29 maggio una nostra compagna è stata vigliaccamente aggredito nel centro storico di una città italiana. un gruppetto di ragazzi ̶ braccio armato del ciseteropatriarcato ̶ probabilmente accecati dalla sua favolosità, l’hanno aggredita in gruppo, fuggendo poi all’arrivo dellə compagnə accorsə. specifichiamo che questa non è stata né la prima né l’unica aggressione subita dal loro arrivo: lo stesso giorno a pranzo, sotto i numerosi occhi di chi passeggiava/sostava, gli era stato chiesto di “non baciarsi in pubblico” in un ristorante perché “spaventate i bambini”.
sappiamo bene che le nostre esistenze e le nostre corpe, per il solo fatto di esistere nello spazio pubblico e non dentro le quattro mura dove ci concedete di “fare le nostre cose”, vi terrorizzano. sappiamo che la vostra norma è così fragile che basta un tacco a trafiggerla. non riuscirete a toglierci dallo sguardo dellu vostr figl (non sappiamo se sperare per loro che siano cis etero, visti i genitori che si ritrovano, o sperare che siano frocie, per disonorare il padre e la madre), siamo tantә e i vostri disgustosi pugni non ci toglieranno certo dalla strada. siamo rabbiosə, ci facciamo forza partendo dalle nostre vulnerabilità, vogliamo dire a tutti i machi: non siamo solә, state all’erta!
stiamo leggendo di millantata solidarietà da parte degli stessi esponenti politici che sgomberano e danno fogli di via allә compagnә, che condannano a parole i femminicidi salvo poi smantellare le case delle donne e far entrare i cattofascisti nelle consultorie. non ce ne stupiamo: ce ne battiamo il culo della sordida e disgustosa gara dei politicanti a quale sia la città più ghei-friendly d’italia. da nord a sud l’omolesbobitransfobia è sistemica e strutturale, il genitore italiano modello cresce quei figli sani del patriarcato che popolano le famigerate “baby gang” da telegiornale.
giornalari e pennivendoli d’ogni sorta e schieramento parlamentare si stanno consumando le mani a scrivere l’ennesimo articolo acchiappa-click, romanticizzando la vomitevole vicenda: non ci sono coppie gay vittime, ci sono fiere froce s-coppiate e incazzate. ci dispiace per il vostro immaginario così triste e limitato: ci teniamo per mano se ci va, scavalcando la norma monogama della coppia in luna di miele. vivere relazioni altre per noi significa agire la nostra fantasia reinventando e risignificando una socialità che troviamo stretta e soffocante. ci dispiace per voi, ma ci segniamo comunque i vostri nomi.
scriviamo “una città italiana” senza specificare quale perché questa violenza la subiamo ogni giorno a ogni latitudine, da nord a sud, dal paesino alla metropoli. se per esprimere la vostra solidarietà vi sentite in dovere di precisare che “però si è trattato di un incidente perché la mia città è aperta e accogliente”, questa solidarietà potete anche tenervela. viviamo il paradosso che siano altrә a darci il permesso di dire cosa sia omolesbobitransfobia e cosa non lo sia ̶ “la mia città è stata insignita dal titolo di città arcobaleno, lo vedi che non è una città omofoba?”.
è evidente che titoli, patrocini e orpelli arcobaleno, concessi dalle organizzazioni lgbt istituzionali internazionali per rendere le vostre boutique appetibili anche alle checche che tutti i giorni umiliate non bastano a scaraventare fuori dall’universo l’odio patriarcale del quale la vostra quotidianità è intrisa. è per questo fondamentale lottare ogni giorno contro il rainbow washing che glassa d’arcobaleno la merda con cui tentate d’ingozzarci.
ci teniamo a dirvi che il vostro goffo tentativo di sfigurare la nostra fratella è prevedibilmente fallito, ci lecchiamo con gusto tentacoli e cicatrici. vogliamo sentirci liberə di uscire come ci pare quanto ci pare dove ci pare con chi ci pare. non ci sentiamo vittime inermi ma grimaldelle della vendetta translellabifrocia.
nel cuore e nel culo batte amore e rabbia,
fratella cuntessa non sei sola.
ahsqueerto